giovedì 25 dicembre 2003

Sono Gesù, per favore non chiamatemi Babbo Natale!

Gentili telespettatori,
io sono l'uomo che oggi compie duemila e tre anni.
Sì, avete capito bene quello che vi hanno detto le annunciatrici delle varie reti televisive: sono Gesù, figlio di un falegname Giuseppe e di Maria, una casalinga di Nazareth. Finora non ero mai comparso in televisione; ma, come si dice nel vostro Paese, "c'è sempre una prima volta"! Dovevo partecipare ad una trasmissione che si intitola "Porta a Porta", con l'attrice Valeria Marini, lo psichiatra Crepet, il cardinale Tonini, il cantante Adriano Celentano e non so chi altri…Quando si è sparsa la notizia, però, è successo un putiferio. I direttori delle varie reti televisive, sia pubbliche che private, hanno cominciato a dire che "Gesù è di tutti!" e che non era giusto che io privilegiassi una sola rete con la mia presenza. Ho ricevuto un mucchio di telefonate. Per farla breve, eccomi qua: in prima serata - oh, scusate, in prima mattinata! - a reti unificate. Quando sono arrivato nello studio televisivo sono incominciati tutti i guai: innanzitutto volevano vestirmi da Babbo Natale: e ho dovuto spiegargli che Babbo Natale l'ha inventato la Coca-Cola nella prima metà del secolo scorso e che non ha niente a che fare con me. È la più grande invenzione pubblicitaria di tutti i secoli. Poi volevano mettermi vicino ad una montagna di regali, dicevano: "Natale è la festa dei regali" e ho dovuto spiegargli che non ho mai regalato nulla a nessuno, nei miei duemila e tre compleanni. Per i regali c'era San Nicola che si festeggia il 6 dicembre. Volevano che mi sedessi davanti ad una tavola imbandita e lì ho proprio perso la pazienza. Mi sono messo a gridare che l'abitudine di mangiare a crepapelle in questi giorni esisteva già prima che io nascessi e che corrisponde ad una festa pagana. I romani la chiamavano "Saturnali". Ho minacciato di andarmene e tutti lì a trattenermi: "Ma no, figuriamoci, ci mancherebbe altro". Tra loro però dicevano: "Non possiamo farlo parlare così, a ruota libera. Bisogna essere sicuri che non dica nulla di sconveniente. Bisogna scrivergli un testo e che lo legga." C'erano direttori di rete e anche politici. Mi sembrava di essere ritornato a Gerusalemme, nel palazzo di Ponzio Pilato. Uno di quegli ipocriti mi ha chiesto cosa pensassi della guerra tra israeliani e palestinesi e come era possibile farla cessare. Quella domanda mi ha lasciato interdetto: io, Gesù, sono più ebreo o più palestinese? Ho detto: "Bisogna dare agli israeliani ciò che è degli israeliani e ai palestinesi ciò che è dei palestinesi". Nessuno di quelli che erano lì mi è sembrato entusiasta di quella risposta. Mi hanno chiesto cosa ne pensassi della guerra in IRAQ, di Saddam Hussein in prigione e Bin Laden ancora latitante, del terrorismo, dell'economia mondiale e del caro euro, del conflitto di interessi, della crisi della Parmalat e dell'ultima sconfitta dell'Inter… . Così ho cominciato a dire la mia su chi predica e semina violenza e morte in nome di Dio o di chissà quali principi o interessi economici… su chi inquina e sperpera le risorse mondiali come se fosse l'unico padrone del mondo… su chi compie ingiustizie e calpesta i diritti degli altri, coprendo il più possibile il tutto con una imbiancata di perbenismo e falsa legalità… su chi si chiude in se stesso nel proprio egoismo… Da quel momento, tutti hanno cominciato a guardarmi come un demente - ed erano le stesse persone che ora stanno dall'altra parte della telecamera! - e mi fanno segno con le dita di "tagliare". Poi si è avvicinato un tipo, ancora più viscido degli altri e mi ha chiesto se era vero ciò che si diceva in giro, che i redattori di "Porta a Porta" avevano avuto serie difficoltà a trovarmi, prima della trasmissione: pensavano che, scendendo dalle stelle, stessi ad aspettarli in un presepe… eppure avevo mandato in anticipo il mio biglietto da visita: mi sarei trovato in uno dei tanti presepi della terra …ma senza lucine colorate o fiumi di carta stagnola: mi trovavo vicino a quell'emarginato che dorme in auto o a quei barboni fra i cartoni di un corridoio della metropolitana… fra i bambini di quella famiglia che sta per sfasciarsi… in casa di quel nonno rimasto solo o di quella signora alcolizzata… mi trovavo vicino ai giovani che credono che la vita sia o debba essere solo divertimento e sballo; ero, nel parco, con dei ragazzi incompresi e stanchi che per reagire alla noia si impegnavano a rendere il quartiere ancora piu' invivibile e desolato… ok, mi fermo, c'e' il regista che fa ampi gesti per chiudere, ma potete immaginare in quanti altri luoghi potrei ancora trovarmi… ed anche in quanti altri luoghi - sicuramente - non riuscirete a trovarmi perché, per me e per i miei cari proprio lì non c'è posto, così come non c'era posto nelle locande di Betlemme… e tutto perché …perché il mondo, così com'è non mi sta bene. In questo mondo mi sento straniero. C'è troppo odio. Troppe guerre. Troppo egoismo. Devo smettere? Sì, ho quasi finito. Come potrei farvi gli auguri senza spiegarvi che anche la parola Natale alle volte mi sembra una parolaccia? Mi fanno segno che il mio tempo è finito. Però voi sì, avete capito cosa intendevo comunicare, quando sono nato duemila e tre anni fa, e cosa vorrei dire ancora oggi…
Buon Natale!

(Natale 2003)