martedì 27 ottobre 2009

La Messa è un dono

Carissimi fedeli ed amici,

Più di un lettore mi ha espresso il proprio compiacimento nel leggere la nostra chiacchierata che è pubblicata settimanalmente sul COM. Sono sincero nell’affermare che avevo bisogno di una tale conferma per continuare il dialogo iniziato con voi. E oggi, vorrei parlarvi dell’appuntamento domenicale, la S. Messa che celebriamo nella nostra Chiesa parrocchiale.
Da subito vi assicuro che non intendo parlarvi da “teologo e/o liturgista” su questa grande realtà e Dono che Gesù ci ha lasciato nell’ultima Cena, invece desidero trattare questo argomento da sacerdote, in questo caso vostro parroco, che presiede l’Eucaristia per comunicarvi anche lo stato d’animo e di come la vive il celebrante.
Ci riuniamo di domenica, “il primo giorno dopo il sabato”. All’inizio, Il Presidente dice all’assemblea: “ Il Signore sia con voi - Pace a voi!” Si, proprio a voi! Non siete i discepoli di Gesù, adesso seduti come nel cenacolo? E chi di noi non ha bisogno della sua Presenza, di pace? Il suo non è un semplice saluto cortese, non è un augurio… il sacerdote, in nome di Gesù pronuncia la parola “pace” perché vuole crearla. Questa pace viene dalla sua Presenza reale e dall’essere riuniti nel suo Nome. Egli è qui, in questo momento. Ci conosce per nome. Conosce ogni dubbio e ferita del nostro cuore. Ci ama e ci guarisce. Ci chiede di fare comunione con Lui.
Miei cari, ogni Domenica è Pasqua, la Pasqua settimanale perché si celebra il Mistero di morte e di Risurrezione di Gesù. E per questa fede nel Cristo Risorto deve nascere in tutti dei progetti nuovi di vita: un’esperienza, questa, che segna la storia nel profondo, tanto che la vita dei primi cristiani apparirà agli occhi della gente come “vita meravigliosa” (vedi Lett. a Diogneto). La nostra vita di fede ha la sua sorgente nel “memoriale della Pasqua”, cuore della domenica e anche sua massima espressione.
Una delle grandi colpe di noi cristiani “moderni” è quella di esserci lasciati espropriare del Giorno del Signore, sostituendolo con il weekend. La Domenica l’hanno “inventata” i cristiani seri per celebrare la Pasqua ogni settimana e viverla senza Eucaristia e senza Parola di Dio è viverla da lievito andato a male.
L’ultimo punto che vorrei evidenziare della Domenica è la Gioia: è, infatti, incontro con il Risorto! Tutto il Vangelo è annunzio di gioia. Lo scrittore cristiano Chesterton diceva che: “La gioia è il gigantesco segreto del cristiano”. Non una gioia epidermica e “ritmica” di una discoteca, ma una gioia che è esperienza interiore d’armonia, di pace e di contentezza. La prassi quotidiana, invece, c’insegna che noi per credere andiamo sempre a caccia dei miracoli e non ci accorgiamo che ogni giorno di vita è un miracolo, - che siamo immersi nei miracoli – perché tutto è grazia di Dio.
Dovremmo mettiamocelo bene in testa che:
· Una Domenica senza Messa non è Domenica;
· Una Messa senza gioia non è una Messa;
. Una Domenica senza occupare il nostro posto nell’assemblea non è una Festa!

Vi saluto con affetto.
Padre

domenica 18 ottobre 2009

Giornata Missionaria Mondiale

MESSAGGIO DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVIPER LA GIORNATA MISSIONARIA MONDIALE 2009
“Le nazioni cammineranno alla sua luce” (Ap 21, 24)

In questa domenica, dedicata alle missioni, mi rivolgo innanzitutto a voi, Fratelli nel ministero episcopale e sacerdotale, e poi anche a voi, fratelli e sorelle dell'intero Popolo di Dio, per esortare ciascuno a ravvivare in sé la consapevolezza del mandato missionario di Cristo di fare “discepoli tutti i popoli” (Mt 28,19), sulle orme di san Paolo, l'Apostolo delle Genti.
“Le nazioni cammineranno alla sua luce” (Ap 21,24). Scopo della missione della Chiesa infatti è di illuminare con la luce del Vangelo tutti i popoli nel loro cammino storico verso Dio, perché in Lui abbiano la loro piena realizzazione ed il loro compimento. Dobbiamo sentire 1’ansia e la passione di illuminare tutti i popoli, con la luce di Cristo, che risplende sul volto della Chiesa, perché tutti si raccolgano nell’unica famiglia umana, sotto la paternità amorevole di Dio.
È in questa prospettiva che i discepoli di Cristo sparsi in tutto il mondo operano, si affaticano, gemono sotto il peso delle sofferenze e donano la vita. Riaffermo con forza quanto più volte è stato detto dai miei venerati Predecessori: la Chiesa non agisce per estendere il suo potere o affermare il suo dominio, ma per portare a tutti Cristo, salvezza del mondo. Noi non chiediamo altro che di metterci al servizio dell’umanità, specialmente di quella più sofferente ed emarginata, perché crediamo che “l’impegno di annunziare il Vangelo agli uomini del nostro tempo... è senza alcun dubbio un servizio reso non solo alla comunità cristiana, ma anche a tutta l’umanità” (Evangelii nuntiandi, 1), che “conosce stupende conquiste, ma sembra avere smarrito il senso delle realtà ultime e della stessa esistenza” (Redemptoris missio, 2).
1. Tutti i Popoli chiamati alla salvezza
L’umanità intera, in verità, ha la vocazione radicale di ritornare alla sua sorgente, che è Dio, nel Quale solo troverà il suo compimento finale mediante la restaurazione di tutte le cose in Cristo. La dispersione, la molteplicità, il conflitto, l’inimicizia saranno rappacificate e riconciliate mediante il sangue della Croce, e ricondotte all’unità.
L’inizio nuovo è già cominciato con la risurrezione e l’esaltazione di Cristo, che attrae tutte le cose a sé, le rinnova, le rende partecipi dell’eterna gioia di Dio. Il futuro della nuova creazione brilla già nel nostro mondo ed accende, anche se tra contraddizioni e sofferenze, la speranza di vita nuova. La missione della Chiesa è quella di “contagiare” di speranza tutti i popoli. Per questo Cristo chiama, giustifica, santifica e invia i suoi discepoli ad annunciare il Regno di Dio, perché tutte le nazioni diventino Popolo di Dio. È solo in tale missione che si comprende ed autentica il vero cammino storico dell’umanità. La missione universale deve divenire una costante fondamentale della vita della Chiesa. Annunciare il Vangelo deve essere per noi, come già per l’apostolo Paolo, impegno impreteribile e primario.
2. Chiesa pellegrina
La Chiesa universale, senza confini e senza frontiere, si sente responsabile dell'annuncio del Vangelo di fronte a popoli interi (cfr Evangelii nuntiandi, 53). Essa, germe di speranza per vocazione, deve continuare il servizio di Cristo al mondo. La sua missione e il suo servizio non sono a misura dei bisogni materiali o anche spirituali che si esauriscono nel quadro dell’esistenza temporale, ma di una salvezza trascendente, che si attua nel Regno di Dio (cfr Evangelii nuntiandi, 27). Questo Regno, pur essendo nella sua completezza escatologico e non di questo mondo (cfr Gv 18,36), è anche in questo mondo e nella sua storia forza di giustizia, di pace, di vera libertà e di rispetto della dignità di ogni uomo. La Chiesa mira a trasformare il mondo con la proclamazione del Vangelo dell'amore, “che rischiara sempre di nuovo un mondo buio e ci dà il coraggio di vivere e di agire e... in questo modo di far entrare la luce di Dio nel mondo” (Deus caritas est, 39). È a questa missione e servizio che, anche con questo Messaggio, chiamo a partecipare tutti i membri e le istituzioni della Chiesa.
3. Missio ad gentes
La missione della Chiesa, perciò, è quella di chiamare tutti i popoli alla salvezza operata da Dio tramite il Figlio suo incarnato. È necessario pertanto rinnovare l’impegno di annunciare il Vangelo, che è fermento di libertà e di progresso, di fraternità, di unità e di pace (cfr Ad gentes, 8). Voglio “nuovamente confermare che il mandato d’evangelizzare tutti gli uomini costituisce la missione essenziale della Chiesa” (Evangelii nuntiandi, 14), compito e missione che i vasti e profondi mutamenti della società attuale rendono ancor più urgenti. È in questione la salvezza eterna delle persone, il fine e compimento stesso della storia umana e dell’universo. Animati e ispirati dall’Apostolo delle genti, dobbiamo essere coscienti che Dio ha un popolo numeroso in tutte le città percorse anche dagli apostoli di oggi (cfr At 18,10). Infatti “la promessa è per tutti quelli che sono lontani, quanti ne chiamerà il Signore Dio nostro” (At 2,39).
La Chiesa intera deve impegnarsi nella missio ad gentes, fino a che la sovranità salvifica di Cristo non sia pienamente realizzata: “Al presente non vediamo ancora che ogni cosa sia a Lui sottomessa" (Eb 2,8).
4. Chiamati ad evangelizzare anche mediante il martirio
In questa Giornata dedicata alle missioni, ricordo nella preghiera coloro che della loro vita hanno fatto un’esclusiva consacrazione al lavoro di evangelizzazione. Una menzione particolare è per quelle Chiese locali, e per quei missionari e missionarie che si trovano a testimoniare e diffondere il Regno di Dio in situazioni di persecuzione, con forme di oppressione che vanno dalla discriminazione sociale fino al carcere, alla tortura e alla morte. Non sono pochi quelli che attualmente sono messi a morte a causa del suo “Nome”. È ancora di tremenda attualità quanto scriveva il mio venerato Predecessore, Papa Giovanni Paolo II: “La memoria giubilare ci ha aperto uno scenario sorprendente, mostrandoci il nostro tempo particolarmente ricco di testimoni che, in un modo o nell’altro, hanno saputo vivere il Vangelo in situazioni di ostilità e persecuzione, spesso fino a dare la prova suprema del sangue” (Novo millennio ineunte, 41).
La partecipazione alla missione di Cristo, infatti, contrassegna anche il vivere degli annunciatori del Vangelo, cui è riservato lo stesso destino del loro Maestro. “Ricordatevi della parola che vi ho detto: Un servo non è più grande del suo padrone. Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi” (Gv 15,20). La Chiesa si pone sulla stessa via e subisce la stessa sorte di Cristo, perché non agisce in base ad una logica umana o contando sulle ragioni della forza, ma seguendo la via della Croce e facendosi, in obbedienza filiale al Padre, testimone e compagna di viaggio di questa umanità.
Alle Chiese antiche come a quelle di recente fondazione ricordo che sono poste dal Signore come sale della terra e luce del mondo, chiamate a diffondere Cristo, Luce delle genti, fino agli estremi confini della terra. La missio ad gentes deve costituire la priorità dei loro piani pastorali.
Alle Pontificie Opere Missionarie va il mio ringraziamento e incoraggiamento per l’indispensabile lavoro che assicurano di animazione, formazione missionaria e aiuto economico alle giovani Chiese. Attraverso queste Istituzioni pontificie si realizza in maniera mirabile la comunione tra le Chiese, con lo scambio di doni, nella sollecitudine vicendevole e nella comune progettualità missionaria.
5. Conclusione
La spinta missionaria è sempre stata segno di vitalità delle nostre Chiese (cfr Redemptoris missio, 2). È necessario, tuttavia, riaffermare che l’evangelizzazione è opera dello Spirito e che prima ancora di essere azione è testimonianza e irradiazione della luce di Cristo (cfr Redemptoris missio, 26) da parte della Chiesa locale, la quale invia i suoi missionari e missionarie per spingersi oltre le sue frontiere. Chiedo perciò a tutti i cattolici di pregare lo Spirito Santo perché accresca nella Chiesa la passione per la missione di diffondere il Regno di Dio e di sostenere i missionari, le missionarie e le comunità cristiane impegnate in prima linea in questa missione, talvolta in ambienti ostili di persecuzione.
Invito, allo stesso tempo, tutti a dare un segno credibile di comunione tra le Chiese, con un aiuto economico, specialmente nella fase di crisi che sta attraversando l’umanità, per mettere le giovani Chiese locali in condizione di illuminare le genti con il Vangelo della carità.
Ci guidi nella nostra azione missionaria la Vergine Maria, stella della Nuova Evangelizzazione, che ha dato al mondo il Cristo, posto come luce delle genti, perché porti la salvezza “sino all'estremità della terra” (At 13,47).
A tutti la mia Benedizione.
Dal Vaticano, 29 giugno 2009

BENEDICTUS PP. XVI

"MInisteri e ministerialità"

Carissimi fedeli ed amici catechisti/animatori,

nella Giornata Missionaria Mondiale di domenica 18 ottobre daremo il Mandato ai catechisti/animatori della nostra Parrocchia.
Colgo l’occasione per parlare sul rapporto tra ministeri ordinati e “ministerialità” nella Chiesa, vale a dire di quelli istituiti e quelli “di fatto” che evocano l’insieme del vissuto ecclesiale e non di uno solo, quello presbiterale. Nello specifico parliamo del servizio della Catechesi dei tanti operatori pastorali, ringraziando il Signore, per l’iniziazione cristiana dei ragazzi, fatto salvo il compito primario dei genitori.
Noi, come presbiteri (e diaconi), se da una parte siamo sollecitati ad esercitare il ministero affidatoci in tale ambito, non per questo dobbiamo quasi soffocare la vocazione comune dei fedeli nell’esercizio del loro “munus propheticum” (compito dell’annuncio cristiano). Non è possibile, infatti, corrispondere a quest’esigenza, se come ministri ordinati non ritroviamo un rapporto più corretto e promozionale con la ricchezza dei ministeri laicali, di cui la Chiesa è chiamata ad esercitare, se vogliamo che il Vangelo sia ancora comunicato oggi, in un mondo che cambia.
Nelle nostre Chiese locali sono progettati e attuati percorsi pastorali su cui muovere passi concreti, indicanti la strada della promozione e della formazione alla ministerialità negli ambiti propri dell’annuncio, della liturgia e della testimonianza della carità, ribaditi sempre dai nostri Vescovi italiani e dallo stesso nostro Arcivescovo, come un’urgenza pastorale di primaria importanza.
E’ importante, però, che in questi nostri servizi pastorali noi preti, suore e laici non ci sentiamo dei “solisti nel coro” della Parrocchia, del Decanato o della Diocesi. Infatti, la ricchezza di realtà che costituisce la comunità e la molteplicità degli organismi pastorali di partecipazione ( CPP, CAE, CDP, ecc..) ci permette di esprimere una propria originalità e specificità. Solo se siamo orientati, insieme, nella ministerialità ecclesiale, sapremo essere vera comunità cristiana di persone che si vogliono bene, indicanti una prospettiva di salvezza per tutti, fedeli “praticanti” e non.
Per finire, desidero formulare auspici par la nostra comunità parrocchiale per una fioritura di ministeri che sono le vocazioni personali, che il Signore concede per il bene di tutti.
Alle catechiste e agli animatori “in forza” nella nostra comunità rivolgo un grande grazie per la loro disponibilità di tempo, augurando una maggiore “sinfonia pastorale nella nostra cara Parrocchia” , la quale accordi sempre più l’agire di tutti.

Con affetto vi saluto.

Padre Renato

lunedì 12 ottobre 2009

Ai ragazzi della Cresima

Carissimi fedeli e Ragazzi della Cresima,

Mi rivolgo per primo a voi, cari ragazzi, salutandovi con molto affetto, unitamente ai vostri cari genitori e padrini/e che, insieme alle catechiste, vi hanno accompagnato fino a questo giorno di domenica 11 d’ottobre per ricevere il Sacramento della Confermazione con il quale sarete “vincolati più perfettamente alla Chiesa”, arricchiti di una “speciale forza dello Spirito” e incorporati più saldamente a Cristo per associarci maggiormente alla sua missione e aiutarci a testimoniare la fede cristiana con la parola accompagnata dalle opere.
Questo Sacramento in Oriente è amministrato immediatamente dopo il Battesimo, seguita dalla partecipazione all’Eucaristia. Ciò pone l’accento sull’unità dei tre sacramenti dell’iniziazione cristiana. Invece, nella tradizione della nostra Chiesa latina, la Comunione e la Cresima sono conferite, quando si è raggiunta l’età della ragione, e la sua celebrazione (La Confermazione) è normalmente riservata al Vescovo, “significando così che questo sacramento rinsalda il legame ecclesiale”. Così sono posti i fondamenti della vita cristiana.
Cari ragazzi “cresimandi”, voi siete i prediletti di Gesù, il vostro più grande amico, il vostro più intimo e personale per il dono dello Spirito. Mantenetevi degni di questo Dono che state per ricevere. Oggi, per tutta la nostra comunità è una Pentecoste. E’ la Festa della Chiesa. E’ il compimento della Pasqua che con il dono dello Spirito Santo raggiunge l’apice della manifestazione di Gesù sulla terra. E’ la riscoperta di una Presenza.
Ma ho l’impressione che queste realtà che stiamo annunciando non ci toccano profondamente perché non ci sono segni esterni che catturano la nostra attenzione, com’è avvenuto nel racconto degli Atti degli Apostoli: ”Venne all’improvviso dal cielo un rombo, come di vento…apparvero come lingue di fuoco che si posarono su ciascuno di loro”. Gesù ci dona il suo Spirito operante dentro di noi per renderci figli di Dio abilitandoci ad amare come Dio ama.
La Pentecoste è un evento continuo, è una creazione nuova per l’abbondante effusione dello Spirito. Con la Cresima, venendo dentro da noi, ci porta una quantità di doni che sono propri dello Spirito Santo: Sapienza, Intelletto, Consiglio, Fortezza, Scienza, Pietà e Timor di Dio. Alla luce di tutto questo si comprendono i compiti che l’evangelista Giovanni assegna allo Spirito Santo: Conservare fedelmente la memoria di Gesù; Comprensione comunitaria, personale ed interiore della Parola di Dio e Coraggio della Testimonianza.
Credo che tutti noi, adulti e ragazzi, dobbiamo prendere molto sul serio lo Spirito Santo che abita in noi. Queste tre condizioni sono molto concrete e verificabili. Se mancano non c’è spazio per lo Spirito. Mi piace terminare con un episodio dei tanti capitatimi in uno degli incontri di catechesi con cresimandi. Era un giovane, prossimo al matrimonio, che si preparava anche a ricevere la Cresima. Un giorno gli chiesi di botto: Perché vuoi cresimarti? Risponde: Per essere come gli altri cristiani. Poi, si corregge subito, dicendo: No! Non voglio essere come gli altri che, una volta cresimati, non vanno più in Chiesa etc.. Ogni commento è superfluo.
Nell’augurare ai nostri ragazzi di fare spazio nella loro esistenza cristiana allo Spirito Santo, vi saluto tutti con affetto.
Padre Renato

lunedì 5 ottobre 2009

Ottobre: mese delle missioni e del rosario


Ottobre ha una data particolare da ricordare, il giorno 7 quando la flotta cristiana sconfisse le truppe musulmane a Lepanto.... ma non tutti sanno che non furono affatto esclusivamente le armi a porre fine alla battaglia, bensì il ROSARIO....
Dovete sapere che Papa Pio V, divenuto poi Santo, era un Domenicano (da lui tra l'altro partirà la tradizione del vestirsi di BIANCO, perchè non volendo abbandonare il suo abito, bianco appunto, finì per piacere a tutti.... prima anche i Papi vestivano di rosso come i vescovi, il bianco è segno di purezza...) e come Domenicano era un Predicatore e diffusore della Preghiera del Rosario che secondo la Tradizione la Beata Vergine Maria consegnò a san Domenico per diffondere la Verità attraverso i Misteri della vita di Gesù.
Così san Pio V cosa fece? Certo, organizzò che ci fossero le truppe a difendere l'Europa, ma affidò anche un’altra campagna, senza armi, anzi, usando come arma LA CORONA DEL ROSARIO....
Quando i cristiani vinsero a Lepanto, i messi della buona notizia non fecero in tempo a portarla al Papa perchè attraverso una visione mistica era stato detto al Papa della Vittoria....
Successivamente, con Papa Gregorio XIII, per interessamento dei Padri di San Domenico, nel 1573, la stessa Festa assunse il nome di Beata Vergine del Santo Rosario.
Nel 1716, il Papa Clemente XI, in occasione di una nuova vittoria riportata dai cristiani nel difendere l'Europa dal pericolo musulmano, estese la celebrazione della Madonna del Rosario a tutta la Chiesa Universale.
San Pio X, nel 1913, riportò quindi la festività solenne nella data storica del 7 ottobre, dopo che, precedentemente, Leone XIII, riconosciuto e definito da molti come il Papa del Rosario, con l'Enciclica "Supremi Apostolatus” del 1° dicembre 1883, dedicò l'intero mese di ottobre alla Madonna del Rosario.

L'Oratorio

Carissimi fedeli ed amici dell’Oratorio S. Lorenzo,
nella chiacchierata di questa domenica, festa dell’Oratorio, desidero intrattenervi sull’argomento Centro Parrocchiale (Oratorio) per conoscere sempre di più questo piccolo mondo. Sappiamo tutti quanto la realtà oratoriale è fortemente radicata e ben consolidata, in particolare nelle regioni ecclesiastiche del settentrione di cui le nostre comunità parrocchiali non possono fare a meno. Vorrei, perciò, fare con voi qualche riflessione, esprimendo alcuni concetti che sono alla base dell’universo Oratorio.
Premetto che questa volta, giungendo a S. Lorenzo in Trezzano dalla Parrocchia del Buon Pastore di Padova, dove esiste anche un Centro Parrocchiale, non ho avuto quell’impatto, di per sé molto positiva per la vivacità della vita comunitaria, come quando nel 1991 approdavo tra voi dalla Parrocchia napoletana di S. Antonio, in cui mi mancava un vero e proprio Centro Parrocchiale (Oratorio). Ora, invece, fatte salve le poche differenze tra le due comunità: quella di Padova più piccola (3.200 ab.) ed appartenente ad un quartiere di Città, contraddistinta per lo più da una popolazione più anziana. Questa, invece, di gran lunga più numerosa (11500 ab.), è formata da famiglie più giovani e, quindi, con tanti ragazzi e giovani, senza ignorare gli adulti, i quali vivacizzano questo Centro Parrocchiale. La mia sensibilità rogazionista mi farebbe esclamare immediatamente che la messe è davvero grande e necessitano gli operai!
Tutta questa realtà mi dà l’occasione di pensare davvero a tutto il da fare e lo stimolo a guardare in avanti,….in prospettiva, per tentare di far vivere, tutti insieme, quei valori che contraddistinguono il pensare e l’agire in questo particolare spazio della Parrocchia, chiamato Oratorio.
Il nostro sogno è che in questo ambiente ognuno possa “sentirsi” come a casa propria ed esso diventi un Ponte tra la strada e la Chiesa per i tanti ragazzi e giovani verso i quali ci sia sempre ascolto, accoglienza, annuncio e accompagnamento da parte nostra.
Anche il Progetto del Nuovo Centro Parrocchiale-Oratorio che si sta lentamente “concretizzando” è una risorsa per l’intera comunità, sempre bisognosa di luoghi e momenti d’incontro e di scambio, mentre adempie la sua finalità primaria: il servizio alla persona e alla comunità che va attuato favorendo l’incontro e l’aggregazione sociale, ricreativa e sportiva, insieme alla promozione d’itinerari di formazione umana e cristiana.
Vi saluto con affetto.
Padre Renato

Partiamo insieme!

Carissimi amici e fedeli,

Quella trascorsa è stata una settimana vissuta molto intensamente in Parrocchia per la Festa di S. Lorenzo e anche ben riuscita. Con lei si è dato inizio pure al nuovo anno pastorale 2009/10 con le varie attività dei gruppi ed associazioni.
Per me che ho partecipato per la prima volta alla Festa Patronale tra voi, è stata anche una buona occasione per incontrarvi in tanti e per inserirmi in pieno nelle realtà della nostra comunità.

Inoltre, la presenza della corale del Buon Pastore e d’alcune giovani coppie della mia ex Parrocchia di Padova all’Eucaristia della Festa è stato un altro momento bello di comunione e di condivisione per le due comunità e per me che, essendo ora a S. Lorenzo, non potevo dimenticarli molto presto.
In conseguenza di ciò sento anche il bisogno di giustificare la mia emozione manifestata in Chiesa al termine della S. Messa, consegnando loro un piccolo segno, con dedica, della nostra Chiesa, molto gradito (foto Vetrata). A questo punto mi torna in mente quanto avevo espresso al mio saluto per l’inizio ufficiale del Ministero in questa Parrocchia, nel dire: “Il legame spirituale e l’amicizia che si sono creati tra fedeli e sacerdoti (specie se parroco), non possono essere spezzati dalla distanza” . E non può essere diversamente.

Ma, come vedete, ora il mio nuovo spazio di ministero assegnatomi è tra voi e con voi: ciò che potremo fare di bello e di buono, sarà possibile solo con la collaborazione di tutti, in particolare con quella dei più stretti e diretti collaboratori laici e confratelli sacerdoti.

Desidero ancora dire un grazie sincero a chi mi ha preceduto recentemente, a P. Francesco, perché la nostra comunità, che mi piace paragonarla ad un grande “autobus”, dopo la fermata per il cambio dell’autista, è risalita a bordo con tutti gli ex compagni di viaggio per continuare il suo cammino.

Vi saluto con affetto, augurando a tutti...
buon viaggio!!!

Padre Renato